|
Passione, ironia, musica, pioggia, poesia e tanti vinili a nascondere un
pavimento polveroso: questa è la vita di Dan da quando Charlie, che
lavora negozio di dischi del suo quartiere, è inconsapevolmente entrata
nella sua vita, portando quello stordimento e quella simpatica stupidità
tipica degli amori nascosti.
Assaporata giorno dopo giorno, Charlie illumina la
routine e arricchisce ogni pensiero; sino all’incontro fatale, che va
oltre ogni possibile previsione e trascina in un vortice di emozioni a
cui fa da sfondo una Londra magica, dove tutto può succedere.
“Dove sei, Charlie?” è un inno, di musica e poesia,
all’amore più sconsiderato, quello che forse non c’è, ma che è più
coinvolgente di molt i altri. Una scrittura divertente, ricca di
riferimenti musicali, letterari e artistici, in perfetto stile
anglosassone.
Dove sei, Charlie? è ispirato da un
vecchio vinile dei Clash, London Calling, e un libro di poesie di
Ferlinghetti
“Avevo deciso di non innamorarmi, ma lo feci. Dannatamente
successe. Pensai che finché non lo avessi detto ad alta voce, non
sarebbe stato vero. Lei mi guardò un attimo divertita, poi corse ai
piedi della cassa dei nuovi vinili.
Così successe che i cinque pound del giorno seguente
decisi di spenderli nel vecchio cd dei T.Rex, quello del ‘71 dal sapore
innocente di atmosfere ingenue. Ci misi un attimo a prenderlo e pagarlo.
Ero andato apposta per mettermi alla prova, per convincermi che non era
successo affatto. La vidi solo di spalle, indaffarata nella zona Roots
from the world, sperai che non si girasse e non lo fece.
Tornai anche il giorno dopo, questa volta con più
soldi in tasca e più tempo in contemplazione dei dischi, come un vero
intenditore. Leggevo i titoli più che altro. Per ciascuno identificavo
un poeta, un riferimento letterario, un parallelismo tra quegli scaffali
e quelli della signora Grace.
Una media di tre vinili al giorno, barattati con
quei soldi con cui mia madre mi mandava a ritirare i vestiti alla
lavanderia. Succedeva che perdevo tutto il tempo a cercare Charlie e
sperare che non si vedesse in giro, a guardarla senza essere visto e
desiderare di non sentire il bisogno di guardarla”. |