|
Il Mattino 18/02/2007:
il caso (di Diego De Silva)
Se la ridefinizione del concetto di romanzo è un effetto naturale
dell'evoluzione letteraria degli ultimi anni, il libro d'esordio di
Paolo Mastroianni (Altrove, Effigie, pagg. 112, euro 12) s'iscrive a
pieno titolo fra quelli che fabbricano unità per frammenti narrativi
autonomi. E lo fa con una competenza istintiva sorprendente, in
un'opera prima. Sei racconti, aperti da dodici biografie di persone
qualsiasi (che richiamano subito i Non illustri di pontiggiana
memoria) raccontate nello stesso arco temporale. Vite di donne,
uomini e bambini che si svolgono, si sfiorano o muoiono dove le
altre cominciano, come in un film di Alejandro Gonzales Inarritu,
lasciandosi il posto per ritrovarsi, passarsi accanto o perdersi in
un altro momento, un'altra volta, in un altrove che poi è l'universo
ferito e reietto che abita le rive delle nostre città, a cui siamo
ormai assuefatti come a un dolore sostenibile, che ormai non ci
suscita più nulla. Protagonista di queste pagine generose e intense
è una società autenticamente multirazziale, che di volta in volta
migra da Villa Literno a Budapest, da Maddaloni a Londra; fatta di
prostitute albanesi e papponi africani che si danno il cambio della
gestione dei corpi, di camorre minori in sottofondo, pronte a
ristabilire con la morte la vigenza delle regole, di casalinghe
veramente disperate che assistono, rassegnate e malinconiche, alla
ripartenza dei giorni uguali all'indomani della scomparsa di un
figlio, cambiavalute truffatori, ambulanti polacchi arrivati di
notte, in una strada del casertano, proprio nel momento in cui una
ragazza ghanese torna a casa esausta di sesso, domandandosi cosa
faccia a quell'ora, come sia arrivato e dove sia diretto, «quel
pullman poco distante da cui è sceso un uomo bianco di mezza età
dall'espressione impaurita». Mastroianni è casertano, ha
quarant'anni e fa l'ingegnere. Viaggia molto per lavoro, ed è forse
dal senso di provvisorietà che gli accompagna la vita che viene il
suo bisogno di raccontare lo sradicamento e l'addiaccio. La sua è
una scrittura densa, rispettosamente asciutta, che va alla ricerca
dei deboli e li descrive. Che sposa completamente la loro parte, in
una causa già persa. Leggere questa straziante, bellissima denuncia
per racconti è come scoprirsi testimoni passivi di un delitto che
sembra aver perso anche la dignità della cronacca.
L'Espresso, 10 Agosto 2006: Altrove (di Carla Benedetti)
Africani immigrati a Villa Literno, prostitute ganesi e albanesi, un
pullman di ambulanti polacchi appena giunti in Italia e spersi nella
notte vicino a Caserta, una casalinga di Caserta, un rumeno che
truffa i turisti a Budapest, un impiegato filippino in tournée
d'affari in Europa. Un'insolita galleria di personaggi si sussegue
con straordinaria vividezza, e senza un solo momento di fiacca, nel
libro di esordio di Paolo Mastroianni, 'Altrove '. Si muovono tutti
in uno stesso arco di tempo, dal 15 al 29 marzo 1993. Il primo a
entrare in scena è un magnaccia tunisino. Lo seguiamo per una
giornata, da quando si sveglia in una camerata deserta fino alla
notte di lavoro sulla variante presso Villa Literno. Finché all'alba
viene ucciso da un altro tunisino per ordine del racket. A quel
punto il racconto segue l'assassino. Poi è la volta di una delle
prostitute. Ogni figura tiene il proscenio narrativo per un po', con
il suo bagaglio di sogni, ricordi, speranze e frustrazioni, finché
passa la mano a un altro, a lui legato per vicende o per contiguità
spaziale. Il passaggio da una figura all'altra, per quanto
narrativamente insolito, non è mai meccanico ma portato quasi
naturalmente dall'intrico delle esistenze. Tutti i personaggi
viaggiano vicini, incrociandosi in quell'altrove che è il nostro
mondo. Lo attraversano come se fosse una foresta, spaesati e
impauriti, lungo quella rete di sentieri che hanno per guardiani
mafie o, nel caso dei polacchi, la rete di accoglienza del Vaticano.
Ognuno è colto in un momento di incertezza o di crisi, che per tre
di essi coincide con la morte. Viene da chiedersi da dove l'autore,
che è nato a Caserta e fa l'ingegnere, abbia attinto materia per
dischiuderci in poche pagine, con tanta delicatezza di notazioni, e
senza concedere niente ai cliché, destini tanto diversi.
Evidentemente l'impossibilità dell'esperienza, che molti teorizzano
come nostra condizione epocale, è una fandonia. Quello che colpisce
di 'Altrove' è l'animarsi di quelle figure nell'intimo della loro
realtà individuale: un "carico umano dimesso e spaesato" in cui
finiamo per immedesimarci, con profondo coinvolgimento.
|
|